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PALAZZO SERRA DI CASSANO E LA GALLERIA BORBONICA

Oggi un bellissimo post della nostra ormai stranota Raffaella, che ci porta a Napoli alla scoperta di luoghi bellissimi. Buona lettura!


Poco prima di Natale, come da piacevole consolidata abitudine, sono scesa a Napoli. Anche questa volta ho visitato luoghi nuovi e sorprendenti, questa città non cessa mai di stupirmi, quando arrivo qui è come se salissi sul locomotore di una storia vagheggiante, che confusamente lascia tracce sovrapposte di sé ovunque. La meta, la fermata di destinazione della mia visita è “Il mondo sotterraneo di Napoli”. Sicuramente se scrivo il nome della nobile casata “Borbone”, chiunque di rimando pensa al Palazzo Reale, ma no, troppo scontato… oggi si viaggia attraverso il tempo, calpestando il piancito terroso della Galleria Borbonica


Tutti sanno che Napoli, questa città mastodontica, gonfia di palazzi enormi che si dilatano soffocando strette viuzze, è sospesa, a tratti, sull’aria; verrebbe da chiedersi: “ma non crolla?!” No, è salda a sé stessa, alla compattezza degli edifici, che ne segnano la storia spesso lacerante e dolorosa, strutture che si incastrano quasi tra loro, ancorandosi le une alle altre, tenendosi strette e compatte per non cedere ed essere inghiottite nel vuoto suolo sottostante. Sanno, quelle enormi dimore, che il cedimento di una, significherebbe la fine ineluttabile anche delle altre. Napoli è… non solo questo, ma anche questo…  Da Piazza del Plebiscito, risalgo la collina di Pizzofalcone, questo è il soprannome dato al Monte Echia dopo che Carlo I D’Angiò vi fece costruire sulla sua sommità una falconiera, percorro Via Monte di Dio fino ad arrivare sul retro di Palazzo Serra di Cassano. Entro, cerco la biglietteria per il tour della Galleria Borbonica, mi accoglie la guida, una signorina napoletana garbatissima, la cui preparazione, fin dal primo momento, risulta ineccepibile; il suo nome è Assunta. Il Tour costituito da un ridotto numero di visitatori ha inizio: prima tappa l’ormai fatiscente corte interna del palazzo, solo nel momento in cui giungo al centro di questo vasto spazio esterno e mi giro verso l’entrata secondaria da cui sono giunta, mi rendo conto di quanto doveva essere stato fastoso il Palazzo. Assunta invita tutti noi ad ammirare la grande scalinata a doppio rampante, che dal piano nobile si diparte con sinuose ali per inglobarsi fisicamente al cortile ottagonale sottostante, un’ opera eccelsa di Ferdinando Sanfelice, una struttura possente, ma al contempo sorprendentemente leggera. Il talentuoso architetto era assai conosciuto a Napoli nel ‘700 proprio per questa sua creatività sfrenata che trovava, soprattutto nelle scalinate, il massimo estro artistico, spingendosi a creare strutture talmente temerarie da apparire una sfida a tutti i limiti delle leggi fisiche, tanto da fargli guadagnare l’appellativo di “Ferdinand lievat‘a sott” che tradotto forse potrebbe suonare: è di Ferdinando, sottinteso la scala, togliti da sotto, perché potrebbe cadere da un momento all’altro! Alla vista di tanta esacerbante bellezza la fantasia prende il sopravvento, immaginando quando nell’epoca d’oro il grande portone di rimpetto alla scalinata si apriva e le carrozze facevano ingresso nel giardino del palazzo e le stesse, trainate dai cavalli, salivano le due ali dello scalone, portando fino al piano nobile illustri ospiti. Alla corte interna ottagonale, fino al 1799, si accedeva dal maestoso portone frontale alla scalinata, che allora insisteva sulla medesima area aperta su cui si trovava anche Palazzo Reale , appunto detta Largo di Palazzo. 

Nel 1799 durante la rivoluzione napoletana, il giovaneGennaro Serra di Cassano, figlio del Principe Luigi Serra di Cassano, venne decapitato perché accusato di essere un rivoluzionario, in segno di lutto e di smacco verso il Re,il Principe Luigi chiuse per sempre il grande portonee da allora è stato aperto solo per un paio di ricorrenze. In seguito l’edilizia sfrontata ed aggressiva del ‘800 non risparmiò il magnifico portone né la facciata nobile del palazzo, edificandogli innanzi case e tracciando nuove vie, fino alla realizzazione della grande Piazza del Plebiscito e della Chiesa di San Francesco di Paola frutto del progetto di Gioachino Murat. 

Inutile dire che il Palazzo meriterebbe una visita anche nel suo interno, ma io sono qui per scendere nelle viscere di una Napoli celata, spostiamo quindi l’obiettivo dai nobili Serra di Cassano al Re di Napoli Ferdinando II di Borbone. Fu infatti il Re Ferdinando II, ignaro della sorte avversa che di lì a pochi anni lo avrebbe travolto, a commissionare nel 1853 all’architetto Errico Alvino un traforo sotterraneo, per l’appunto la Galleria Borbonica. Tale tunnel doveva congiungere il Palazzo Reale al mare, era sia una via di fuga per i Reali, sia un collegamento per i militari allocati nella caserma di Via Pace (oggi Via Morelli), sulla collina di Pizzofalcone. La galleria che misura circa 431 metri ed è stata tutta scavata a mano. Non fu mai portata a termine: quando la situazione politica mutò, il Re ebbe altro a cui pensare e l’Unità d’ Italia nel 1861 spazzò via ogni progetto borbonico. La realizzazione del traforo, durante lo scavo, incontrò parecchi ostacoli, vennero rinvenute alcune cisterne per l’acqua e vari cunicoli che erano stati fatti costruire nel ‘600 dal nobile Cesare Carmignano, insieme all’ ingegnere Alessandro Ciminello, per poter portare dal fiume Faenza ancor più acqua, poiché continuava ad essere in aumento il numero di nuove fabbriche e mulini in città. Grazie a ingegnosi espedienti tecnico-architettonici, creando ponti sulle cisterne e passaggi alternativi, fu inglobato nella costruenda galleria anche parte del rinvenuto acquedotto seicentesco. 

Sotto Napoli c’è un altro mondo, percorrendo questi scavi si impatta in un continuo susseguirsi di differenti epoche storiche che si sovrappongono e convivono armoniosamente tra loro, la linea del tempo perde qui significato. Questo vuoto silenzioso, freddo, ovattato che circonda il visitatore, racconta anche altro, va oltre la stessa Galleria Borbonica, oltre l’acquedotto del nobile Carmignano, narra di come Napoli sia stata talora edificata con la stessa materia del suolo su cui è rimasta poi sospesa. Se durante il percorso si alza lo sguardo, si possono ancora vedere grandi fori al vertice di alti coni. Questi sono la testimonianza dell’attività estrattifera di tufo che per secoli è stata eseguita nelle viscere della città. E’ attraverso quei pertugi che blocchi di pietra venivano portati in superficie, levigati ed utilizzati per dar vita a sontuose dimore. Si resta disorientati nel cercare di comprendere, guardandosi attorno, se la parete su cui si posa lo sguardo sia un tunnel di collegamento oppure un acquedotto o il vuoto di una cava, è ostico per il visitatore districarsi in un tessuto così fitto che intreccia maglie eterogenee difficili da dipanare. Si cammina dove un tempo operai con utensili precari scavavano, poi si attraversano cunicoli dove scorreva l’acqua che dissetava tutta Napoli ed ancora si attraversano grandi cave di estrazione. Mi lascio trasportare dalle parole di Assunta, tutto è novità, confusione di epoche, storie, episodi, leggende… Voglio raccontare di una figura peculiare che viveva in questi luoghi; il pozzaro. Costui era l’addetto alla cura e pulizia delle acque ed è attorno a lui che nacque la figura leggendaria della tradizione popolare più propriamente nota come il “Monaciello”. 


“Il pozzaro” si occupava delle cisterne e dell’acquedotto e, per arrotondare il suo scarso stipendio, utilizzando i pozzi che accedevano alle dimore, si intrufolava nelle case e sottraeva cose o denaro, insomma, un piccolo ladro. Nasce così la leggenda del “Monaciello” un piccolo fantasma di monaco, tutto coperto da cappucci e mantello che nottetempo compariva e scompariva, da allora, quando i napoletani non trovano qualcosa, esclamano: "è passato o monaciello!".


Ma nella penombra di questi anfratti, tra le vibrazioni delle voci dei visitatori, si allunga anche un lembo di storia che parte dal suono di una sirena. Durante la seconda guerra mondiale la Napoli sotterranea, ormai dimenticata, poiché l’antico acquedotto era stato sostituito da quello più moderno fatto di condotte e tubi, divenne un rifugio antiaereo. I racconti di Assunta allora diventano dolorosi, perché di quella storia non restano solo echi di lontane leggende, tutto è sfrontatamente presente, tangibile; l’impianto elettrico che correva per tutto il sottosuolo, le latrine, la grande cisterna, ormai vuota all’epoca della guerra, trasformata in contenitore di liquami, la puzza terribile che impregnava tutto il sottosuolo; l’acre e nauseabondo pegno che i napoletani dovettero pagare per aver salva la vita dalle bombe nemiche. Allora la visita ha una svolta, viene a tingersi di note dolenti, è un vero salto nel tempo, questa volta circoscritto. Passando davanti alle latrine, aperte, una di fianco all’altra, ancora lì, ora come allora, si rabbrividisce. Brandelli di un tempo che pare lontanissimo riemergono con una potenza incontenibile mentre lo sguardo tremante tra curiosità e orrore, si posa su oggetti quotidiani, elmetti con manici, che venivano usati sia per cucinare che per proteggersi, telefoni attaccati alle pareti, con ancora accanto i numeri scritti a penna sul muro. Lettere, vasi da notte, accendini, oggetti quotidiani. Si è letteralmente risucchiati dalla storia. 


L’ultimo tratto del tour strappa il visitatore all’orrore della guerra e lo conduce a tempi più recenti poiché alcuni spazi vennero utilizzati come deposito giudiziario. Nell’ultima parte del percorso è possibile vedere vecchie auto e motorini oggetto di sequestri giudiziari, qui accatastati e dimenticati. Il tour termina con la statua del fondatore del partito fascista napoletano Aurelio Padovani, anch’essa dismessa dopo la caduta del fascio e qui dimenticata per decenni. 


Il percorso dura circa 1 ora e 20 minuti, ma credetemi il patrimonio storico che si acquisisce è di ben lunga superiore, una visita che non può essere omessa se ci si trova a Napoli. 


Tutte le informazioni sono reperibili al sito www.galleriaborbonica.com


Ringraziamo Raffaella, il suo racconto ci ha portati in una dimensione davvero particolare, inedita, affascinante: quella di una Napoli sotterranea fatta di un susseguirsi di epoche e storie diverse. Un saluto alla nostra Raffa che ci promette di tornare presto con una nuova storia da raccontarci.


- Buon 2019 da tutto lo staff di Scelgo l'Italia -

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