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IL CASTELLO DI SAN MICHELE, PARISINA MALATESTA E UGO D'ESTE

Non abbiamo voluto interrompere con altri post quanto lasciato in sospeso dalla nostra Raffaella Fantini. E' giunto il momento di leggere il seguito della storia... buona lettura!

Ugo e Parisina, un amore che nasce tra le mura di Palazzo Ducale e nella sua attigua Torre di Rigobello e si spegne sul ceppo nella Torre Marchesana del Castello di San Michele a Ferrara.

Come promesso, oggi diamo seguito alla triste saga della famiglia Malatesta, spostandoci in un’altra città, a Ferrara e in un altro castello, il Castello di San Michele. Ci eravamo lasciati ai piedi delle mura di Gradara, io personalmente molto scossa dalla triste storia di Paolo e Francesca, che, credetemi, rivissuta proprio in quegli stessi spazi che furono anche i loro, acquista una potenza emozionale indescrivibile. Così come il loro amore, anche altri hanno trovato epilogo in una lama, uno di questi è quello di Laura Malatesta, detta Parisina e Ugo d’Este figlio di Nicolò III e della sua amante prediletta Stella dei Tolomei. La mia visita parte dalla Piazzetta del Castello, il cuore più antico di Ferrara. La pavimentazione della piazza è costituita da uno scomodo quanto suggestivo acciotolato, il Castello è collegato al palazzo antistante, da un lungo corridoio sostenuto da una serie di arcate. E’ bene sapere che la prima residenza degli Este era proprio questo Edificio a pianta quadrangolare, al quale era adesa la Torre del Rigobello, solo con Alfonso I il Castello divenne residenza dei Signori Ferraresi. Un’ultima occhiata per fotografare gli edifici intorno a me e via, entro.


E’ sempre emozionante ascoltare la sonorità insolita dei passi quando si cammina su travi di legno di un ponte levatoio, questi risuonano nel vuoto e si perdono delicatamente nel nulla, accompagnando l’ingresso in un’epoca lontana.  Il Castello di Ferrara porta il nome di San Michele, poiché la prima pietra per la sua costruzione, fu posata il 29 Settembre del 1385 per volontà dell’allora Marchese Nicolò II. Si optò proprio per l’ Arcangelo Michele poiché era nota la sua fama di protettore di porte e roccaforti urbane. Il Castello nasce intorno ad una torre già esistente chiamata Torre del Leone, edificata con la stretta finalità di tenere sotto controllo la Porta del Leone poco distante da essa. Il costo previsto per la costruzione del Castello fu altissimo, tanto che Nicolò II dovette chiedere gabelle assai alte.  Dal maestoso cortile interno si entra in Castello; la prima stanza che si visita è la Torre Marchesana, ove è esposto un plastico di Ferrara al tempo degli Este, seguono le “ sale gotiche” fino ad arrivare a quello che per me è sicuramente un ambiente di grande effetto: la cucina.

Le dimensioni notevoli fanno subito intendere quanto questa corte rinascimentale fosse dedita a grandi banchetti e ad una vita assai godereccia! La pavimentazione è quella originale, se si osserva attentamente, si noteranno due fori nel pavimento, uno di questi piuttosto grande, chiuso da un vetro, dal quale si può ancora vedere l’acqua sottostante del fossato, l’altro meno evidente, entrambi servivano come scolo dei liquidi. In questo vasto ambiente troviamo la riproduzione di antichi fornelli ed anche un camino; se ci si posiziona al centro della stanza, tenendo alla propria sinistra il camino, alla destra la fila dei fornelli e di fronte la parete con le due finestre poste sopra ad altri forni e si guarda a terra, si vedrà chiaramente una lunga linea più chiara di piastrelle, che va da una parte all’altra della cucina, ecco, proprio da lì partiva il camino degli Este, le due finestrine altro non erano che il suo tiraggio! Doveva essere maestoso! Oltrepassando la cucina si arriva in un’altra stanza, che spesso si attraversa con noncuranza, vale la pena di sostare un attimo perché in questo punto siamo di fronte alla parte più antica del castello: la torre del Leone. La si riconosce subito poiché a qualche centimetro dal pavimento c’è un fregio, una corda intrecciata e due simboli , “La ruota” e “L’aquila bianca” simboli degli Este

Da questo momento la visita prende i toni cupi e drammatici del dolore, addentrarsi in questo spazio richiede un bel respiro, infatti è da questo punto che si accede alle prigioni. Qui le mura sono ancor più fredde, la luce fioca, l’aria umida. Una prima prigione si trova a livello, mentre per le altre si scende ancora attraverso una scala piuttosto scomoda e si arriva alle prigioni di Parisina piccola e stretta la prima e più oltre a quella di Ugo, leggermente più grande...


Latrine / sedute in pietra delle guardie al piano delle prigioni

Le stesse le ritroviamo nelle celle.


Siamo nel 1418, la quattordicenne Laura Malatesta, figlia di Andrea Malatesta, Signore di Cesena, fa ingresso alla corte Estense, dopo aver sposato a Ravenna Nicolò III, che all’epoca era in seconde nozze ed aveva 35 anni.  La giovane era molto bella, aggraziata e colta…

"…era la marchesana bellissima e vaga e così baldanzosa e lasciva, 

con due occhi che amorosamente in capo le lampeggiavano, 

che se Fedra così bella e leggiadra fosse stata 

io porto ferma credenza che avrebbe ai suoi piaceri 

il suo amante Ippolito piegato" 


Matteo Bandello


All’ epoca delle nozze il castello non era ancora la residenza dei signori Ferraresi, lo diventerà solo nel 1476 per volontà di Ercole I, dunque i due giovani amanti non hanno mai passeggiato per il piano nobile della regale dimora. Al tempo di Parisina, i Marchesi occupavano il Palazzo di fronte al Duomo, l’attuale Palazzo del Municipio e la torre qui adesa, oggi Torre della Vittoria, ricostruita sulle rovine di una precedente Torre detta di Rigobello. Le stanze di Parisina erano situate proprio in questa Torre.  La giovane arrivò a Ferrara con tutti i migliori propositi, purtroppo nella città non ci fu per lei grande accoglienza, allora la zona era attanagliata dalla peste. Parisina non si fece intimorire dalla drammatica circostanza, operò e si mise in mostra, riuscendo nell’intento di farsi ben volere da tutti. L’unico a non tollerare la nuova consorte bambina era il giovane Ugo, figlio riconosciuto di Nicolò III e di Stella dei Tolomei, l’amante prediletta del Marchese. Il giovane infatti riteneva che Parisina occupasse il posto che avrebbe dovuto essere di sua madre Stella.  Si narra che proprio per placare tanta animosa discordia tra i due giovani, Nicolò costrinse Ugo ad accompagnare Parisina in visita ai suoi parenti a Loreto. Durante il Viaggio i due coetanei impararono a conoscersi e scoccò la scintilla. La tresca continuò anche al ritorno a Ferrara. Mete frequenti dei loro incontri clandestini furono le Delizie di Belfiore, Fossadalbero e Quartesana, luoghi dove sguardi indiscreti potevano essere facilmente evitati.  Questa, però, non è la sola versione dell’amore tra i due giovani, lo storico Camillo Laderchi nelle su “Memorie” sostiene che Ugo avesse conosciuto Parisina a Ravenna e che l’avesse chiesta in sposa , ma quando Nicolò, il padre, la vide, mandò a monte il matrimonio e tenne la giovane per sé. Tutto può essere, se pensiamo alla fama di Nicolò debitamente consacrata dalla tradizione popolare:


"Di qua e di là dal Po, 

son tutti figli di Nicolò"


Il dolore per l’amore clandestino impossibile, mutò il carattere della giovane. Divenne dura, scattosa, evidentemente soffriva. Fu Zoese, una delle cameriere personali, a tradirla dopo essere stata “ battuta “ dalla giovane padrona. Raccontò a Nicolò III della tresca.  Scrisse lo storico Frizzi "il 18 Maggio da un pertugio fatto nella soffitta sopra alla stanza della moglie" il Marchese prese atto definitivamente del tradimento che si stava consumando, fece arrestare e rinchiudere i due nelle prigioni del castello e dopo un processo sommario condannò entrambi a morte per decapitazione. Furente dalla rabbia, gridò:


"Abbian l’i stesso ceppo sotto l’istessa scure 

e i due sanguini l’istessa pozza!"


Il 21 Maggio 1425 nella Torre Marchesana furono decapitati entrambi sullo stesso ceppo, prima Ugo e poi Parisina.  Lo storico Frizzi nelle sue "Memorie della storia di Ferrara"- 1850 attribuisce a Parisina la frase lapidaria a suggello del suo amore:

"Adesso né io vorrei più vivere"

E prosegue raccontando:

"E si spogliò colle proprie mani d'ogni ornamento, 

e si avvolse un drappo alla testa, 

e si prestò al fatal colpo che compié la scena ferale"


Dopo i pianti disperati di Parisina, che nell’oscurità della sua prigione piccola e buia invocava l’amato Ugo, anche le voci di altre donne si udirono stremate da lunghi lamenti e pregne dei terrore , poiché dopo la decapitazione dei due amanti, Nicolò, non ancor pago, ordinò che la stessa sorte di Parisina toccasse anche a tutte le donne di Ferrara dichiarate adultere.  La tragica storia d’amore tra Ugo e Parisina sarà poi musicata da Mascagni e Donizzetti, oggetto di un poema ad opera di Lord Bayron e dell’ omonimo dramma di D’Annunzio, come gentile omaggio ad un altro amore impossibile e contestuale condanna alla ferocia dei potenti.  Dopo questo momento doloroso, si lascia i tristissimi luoghi del dolore e si sale al piano nobile. 

Tutto ciò che si visiterà da questo momento in poi è frutto della rielaborazione della fortezza che con Ercole e la sua consorte Eleonora D’ Aragona diverrà la residenza dei Duchi e delle Duchesse.  Entrare nel piano nobile equivale ad immergersi in un tripudio di pareti affrescate di altissima manifattura, veri capolavori che richiedono un’infinita attenzione per poter essere apprezzati pienamente. Vorrei solo porre l’attenzione sull’unico spazio del quale rimane solo il nome "Il Giardino degli Aranci".

Siamo nel 1473 quando Eleonora D’Aragona, figlia del Re di Napoli, sposa Ercole I. Giunge a Ferrara, una città fredda, nebbiosa, dove il sole fa capolino solo di rado. Inizialmente abita nel vecchio Palazzo Ducale, di fronte al Castello, con la facciata antistante il Duomo, ma nel giro di pochi anni  la roccaforte militare verrà rivista e adattata per divenire la dimora dei signori. Qui Eleonora decide di creare un giardino pensile e per meglio sopportare la nostalgia della sua Napoli fa arrivare piante di agrumi. Per ricreare le atmosfere partenopee ormai perdute per sempre, ordina che le pareti venissero tutte affrescate riproducendo luoghi e scene di vita napoletana. Lo studia esattamente sopra alla grande cucina, in modo da avere un giardino in parte riscaldato dal calore del sottostante enorme camino. Purtroppo ad oggi gli affreschi sono andati tutti perduti, però con un po’ di immaginazione, chiudendo gli occhi, forse ancora qualche sospiro di Isabella nel ricordare la sua città lo si può ancora udire. Dal giardino degli agrumi si passa ai Camerini di Alfonso I, figlio di Ercole, che succederà al titolo ducale nel 1505 e che nel frattempo aveva sposato il 1 Settembre del 1501 Lucrezia Borgia. La visita del Castello continua tra colori e plastiche figure che si muovono attorno a noi in una danza che neppure il tempo riesce a fermare. Stanza dopo stanza si vive lo sfarzo di una delle corti rinascimentali più vive e acculturate. Dopo essersi lasciati il Castello alle spalle , se la giornata lo consente, ci si può fermare a bere o mangiare qualcosa al Bar Giori, proprio adeso al fossato del Castello, anche questo è un modo per continuare la visita, ma più comodamente!

Un caffè macchiato nella splendida veranda in stile Liberty in ferro battuto del bar/birreria Giori conclude il racconto di Raffaella. Nuove storie ci attendono, ci prepariamo a condividerle con tutti voi. 

- Lo staff di Scelgo l'Italia -

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